E non per negazione più o meno inconsapevole dell'inevitabile passare degli anni ma per scelta (o necessità?) di vivere - per quanto possibile - a briglia sciolta.
Questa domanda si affaccia alla mia mente quando incombe il dovere, quando è forte il dolore o quando è viva l'attesa.
Il tempo del dolore è lento. Inesorabile. Vorresti fosse subito sera ma c'è sempre luce, che stride con il buio dell'anima.
Il tempo dell'attesa è acuto. Pieno di spigoli vivi di aspettativa o di angoscia. Cerchi di ingannarlo facendo. Ma non sono le cose che possono riempire le ore. Le fanno solo passare.
Il tempo della gioia è fuori dal tempo. I giorni si confondono, le ore sembrano minuti. Le sette di un lunedì mattina o le nove di un sabato sera sono uguali: sorridi sempre.
Il tempo del ricordo è senza tempo. Passato e presente si uniscono e nasce quella malinconia nebbiosa che avvolge le ore. E trattieni il fiato.
Il tempo della pace è pacato. Scorre tranquillo senza farti sussultare.
Si può provare a domare il tempo. Si può scandire di impegni, di gesti reiterati. E' rassicurante, perché credi di sapere cosa ti aspetta. E' il tempo dell'abitudine. Non lo ricordi mai. Passa e basta.
Oppure ti lasci trasportare dalla sua andatura bizzarra.
Questo è il mio tempo, e io lo vivo senza orologio. E per me non è perderlo ma viverlo pienamente.
- SI -
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